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Paralisi per lue, non databile
Paralisi per lue, non databile
Matita e pastello cm 17 x 16,5
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giudizi critici
G. MENTESSI (in lettera a Sandri, 1913)
Quando si hanno l'entusiasmo, la viva passione per l'Arte e la forte volontà di studiare così costante come Lei, caro Sandri, vi è da sperare un gran bene e Lei riuscirà certamente a distinguersi se continuerà, come non vi è dubbio, a lavorare con tanto ardore e con così nobili aspirazioni.
P. SINOPICO (in cronaca d'arte, 1926)
Noi vediamo nei suoi lavori un segno secco, onesto, che sempre si conserva nitido pur sotto un parco rinforzo di sobri lavori chiaroscurali. Questo artista nei suoi lavori ha progressivamente acquistato in semplicità - immediatezza espressiva - sintetismo - fino a toccare - in certi ultimi disegni - quel modo che si usa definire "magistrale".
A. CARPI (in occasione di mostra postuma a Saronno, 1965)
Dai lontani anni di Brera, con Lui allievo di Mentessi e Tallone, non lo avevo più rivisto. E'commovente vedere le sue opere ed ammirarne il valore profondo e sostanziale. Bellissimi, qualcuno stupendo, i disegni fatti nel periodo del Suo ricovero in ospedale. Appare perciò a noi che lo vediamo ora, come artista nuovo, degno del massimo rispetto e del più sincero alto elogio.
L. BRACCHI (in occasione di mostra postuma a Saronno, 1965)
Gino Sandri era un mio caro amico e lo ricordavo spesso con Emilio Longoni che nutriva per Lui una grande stima. Soprattutto la sua opera grafica è impressionante, anche dal lato psicologico, specialmente nelle splendide figure dei dementi.... Autentici ritratti eseguiti con impegno degno di un Dürer. Incisi addirittura anche se semplici disegni a lapis. Senza trascurare però l'opera pittorica che dice il suo amore per la natura semplicemente realizzata e vista con l'occhio d'un bambino puro com'era l'amico Sandri.
G. NICODEMI (in monografia"Gino Sandri",1965)
Delle pitture da lui lasciate, le più efficacemente risolte sono delicate vedute campestri. Accanto ai paesaggi si debbono considerare i numerosi ritratti, dove le fattezze di personaggi diversi, illustri o umili, emergono in un chiarore roseo di rapporti con il vero…
G. A. DELL'ACQUA (in recensione sul Corriere della Sera del 22.1.1986, ed in introduzione alla monografia "Omaggio a Gino Sandri", 1998)
Sandri è un artista che ha avuto una lucida coscienza di sé anche nei periodi peggiori di maggior abbandono…. I disegni al "chiuso" costituiscono una testimonianza eccezionale, a parte la lucidità di disegno impressionante, di cui non conosco equivalenti in altri artisti di questo momento e anche non in questo momento. Sandri li ha eseguiti, questi disegni al "chiuso" ,un po' per esorcizzare la propria infermità, come Van Gogh, che si difendeva dalla malattia dipingendo in modo quasi frenetico, appena poteva tenere in mano il pennello, per aiutarsi quindi a vivere, sia per consolare i suoi compagni di sofferenza. Nel loro complesso essi costituiscono infatti una testimonianza davvero unica e senza riscontri, sia per la qualità dei personaggi rappresentati, sia per lo spirito di umana compassione con cui sono ritratti. Proprio tale sua particolarissima condizione ha consentito, quasi paradossalmente, a Sandri di offrire la misura più alta di sé .
S. GRASSO (in recensione sul "Corriere della Sera" del 14.4.1999)
Allievo di Brera e dei maestri dell'Accademia ad apertura di secolo, Sandri ne recepì la lezione con sensibilità e intelligenza, soprattutto attento alla ritrattistica : è una stagione della sua attività testimoniata in particolare nella sequenza degli oli . Contemporaneamente, nella scia della Scapigliatura, egli si esprimeva con una vena ricca di umore nella vignettistica e nell'illustrazione, collaborando anche ai periodici del “Corriere della Sera” . A questo punto la sua vicenda umana si fa drammatica a causa dell'internamento in ospedale psichiatrico dove trascorrerà la metà della sua vita Ma qui la perizia professionale unita alla sua sensibilità gli consentono di disegnare una serie di ritratti (compagni di sventura, medici, infermieri, ecc.) di alta qualità, dove la persona è acutamente e persino spietatamente colta nella sua tipicità, ma insieme raccontata con partecipe commozione .
R. BOSSAGLIA (in presentazione mostra alla Galleria S.Fedele a Milano, 1999, e in recensione sul Corriere della Sera del 14.4.1999)

Sandri riceve l'impronta dei suoi Maestri, da Mentessi a Tallone. Ha la capacità di mantenere una pennellata saporita, libera, di tono vedistico tardo ottocentesco, con una visione delle persone, delle immagini, delle espressioni più moderna. L'artista ha avuto una vicenda drammatica, è stato in ospedale psichiatrico a intermittenze, la sua biografia è tormentata. Quello che colpisce è questo riconoscere negli altri, nell'attenzione verso gli altri la propria sofferenza. La capacità eccezionale di rendere i ritratti è davvero una singolarità di questo artista, il quale in questo luogo ha trovato, suo malgrado, una possibilità di esprimersi in maniera così profonda e così originale da consentirci oggi di sottolineare la sua importanza.

E. PONTIGGIA (in introduzione catalogo "Gino Sandri 1892-1959, luci dell'arte, ombre della follia”, mostra a Palazzo dell'Arengario di Monza, 2009)
Nell'orizzonte non vasto dell'espressionismo italiano la figura di Gino Sandri occupa un posto significativo, anche se quel posto e quel significato non gli sono stati ancora pienamente riconosciuti, per la scarsa cognizione che generalmente si ha di lui e della sua opera . La ricerca di Sandri, infatti (e parliamo specificamente del disegno: diverso, e meno rilevante, è il caso della sua pittura) compone una dolorosa commedia umana che ha pochi equivalenti nel panorama italiano dell'epoca. La sua serie di ritratti, in particolare, si può avvicinare per certi aspetti alla Nuova Oggettività tedesca, anche se non ne persegue mai le esasperazioni e le deformazioni più estreme. I soggetti dei suoi disegni sono quelli che Sandri vede intorno a sé, inizialmente nell'ospedale psichiatrico (o, per meglio dire, nel manicomio, come allora si chiamava: e, visto il luogo di tortura che era, non si saprebbe come definirlo diversamente) di Santa Maria della Pietà a Roma, dove viene ricoverato per la prima volta nel 1924, quando ha trentadue anni. Lì, forse per la crudezza dell'ambiente, forse per la commozione che gli ispirano tanti disperati casi umani, forse per una sua innata vocazione espressiva a occuparsi del male e del dolore più che del bello, disegna negli anni successivi alcuni ritratti che si collocano tra gli esiti più precoci dell' espressionismo italiano del periodo.

 

   info@ginosandri.it